Translate

lunedì 25 marzo 2013

Robot senza sentimenti


Domenica ho visto alla tv un programma molto intelligente, chiamato Sixty Minutes. Questo programma ha esattamente sessanta minuti compresa la pubblicita’ per presentare due o piu’ documentari divulgativi, e va in onda una volta alla settimana. Al di la’ del formato estremamente brillante di questo programma (da noi cosi’ c’e’ solo la Annunziata, e con intento totalmente diverso) quello che mi ha colpito e’ stato il suo primo documentario. Descriveva come la robotizzazione avesse soppiantato il lavoro manuale in serie degli operai in molte fabbriche e imprese della Silicon Valley, dato che i macchinari robotici non costano piu’ di trentamila dollari ciascuno, alcuni anche ventimila, che sarebbe la meta’ del costo di un attuale anno di stipendio di un operaio. Alcuni analisti spiegavano come questo abbia causato una sostanziale differenza di questa crisi da tutte le altre, ossia che questa volta l’America non e’ tornata “back to work again”, e forse anche grazie al fatto che i lavoratori non specializzati non sono piu’ richiesti. Il mio primo pensiero e’ stato che nel futuro cio’ avra’ l’effetto di far specializzare, probabilmente in elettronica, programmazione e robotica, una grandissima fetta di lavoratori.
E allora, visto che gia’ stavo pensando, mi sono dato all’immaginazione incontrollata: mi sono messo a pensare ad un futuro possibile, quello probabilmente dei bisnipoti che non avro’, dove tutto sara’ azionato da robot. Una societa’ schiavista e aristocratica che sara’ possibile attuare perche’ le macchine non avranno bisogno ne’ di diritti ne’ di sentimenti. Ovviamente le macchine saranno fatte in numero limitato e sempre uguale, perfette per produrre i beni necessari alla vita agiata di tutta la popolazione, e funzioneranno (come tutto, tra una cinquantina d’anni) ad energia solare. Le occupazioni umane saranno riparare le macchine, fare ricerca, fare sport e produrre arte. Potremmo dedicarci finalmente a innovare l’educazione, scoprire nuovi meccanismi dell’universo, produrre opere migliori di Madonna per gente che non ascolta Madonna, cercare la felicita’ e essere pigri, che piu’ di tutto e’ cio’ che ognuno di noi sogna di fare. Mi viene anche da pensare che non ci sarebbe bisogno di competizione di mercato, perche’ avremo il miglior prodotto possibile al miglior costo possibile, ossia nulla, e potremo sempre soddisfare le richieste di tutti.
Poi un altro pensiero mi colpisce come una badilata. La prima parte di questo pensiero e’ un po’ d’antan, dice praticamente che una societa’ felice, egalitaria e libertaria al massimo grado ha bisogno di schiavi, ed e’ da Roma in poi che funziona cosi’, una societa’ non puo’ sopportare il malcontento creato dalla produzione dei suoi stessi beni all’interno di se stessa, ma deve forzare in qualche modo un gruppo al di fuori di se stessa che lo faccia. La seconda parte e’ lo sviluppo della prima, mi sono semplicemente messo a cercare chi fossero i nostri attuali schiavi, e arrivo alla conclusione che la nostra societa’, quella attuale, poggia sull’infelicita’ di milioni di persone, che noi non vediamo. Sono infatti convinto che essere un operaio non specializzato, che di lavoro ripete sempre la stessa azione per un numero infinito di volte, senza prospettive di miglioramento, sia un lavoro estremamente infelice, e l’alto numero di suicidi nelle fabbriche me ne da ragione. Ho spento la tv, sono andato a letto e ho sognato un robot che piangeva titanio.
Fortuna che i robot non piangono. Infatti, qualcuno ci serve, che faccia il lavoro sporco. E in questo momento, quando partorisco questo tipo di pensieri, mi chiedo se in me non si nasconda uno schiavista, un sudista becero pre-guerra di secessione, o se invece non sia un po’ un pensiero di tutti quello di dominare gli altri per ottenere benefici. Forse noi tutti, genere umano, potremmo far parte tutti insieme di questa grande congiura.

Nessun commento:

Posta un commento