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martedì 2 aprile 2013

Riflessioni #1: la privazione

Non sono mai stato un fan del rap, anzi, il rap non mi piace per niente. Non amo la sua logica semplicistica, la supposta profondita’ che si dovrebbe trovare nei versi di Tupac - che secondo la visione di alcuni dovrebbe essere quasi pasoliniana. Pero’ ogni tanto mi ricredo, e lo faccio quando penso a Yonkers, di Tyler, The Creator. Perche’ non e’ semplice per niente, perche’ anzi e’ complicato e avvolgente nei suoi complessi; perche’ e’ come me, e io mi trovo a mio agio, come tutti, con gente che e’ come me. Nel video il giovane prima mangia uno scarafaggio, poi vomita, e infine si impicca. Poi il suo alter ego, Wolf, si taglia la gola. Ora, pensieri suicidi a parte - non ne ho mai avuti, anche se alcuni sostengono faccia bene, tipo Nick Hornby - l’idea del detestarsi un po’ non mi e’ nuova. E non e’ neanche male, ogni tanto, vomitare un po’, in senso metaforico, si intende. Il giogo delle ossessioni (per Tyler il successo, ad esempio) va spezzato in qualche modo, e il volersi male ha il preciso fine di smettere di amarsi per finalmente volersi bene in senso vero.
La privazione e’ stata praticata dai tempi antichissimi di Siddhartha Gautama, il quale, prima di praticare il cammino che lo condurra’ al Nirvana, impara a dominare il corpo attraverso il digiuno, ed e’ continuata attraverso tutta la tradizione sia mistica che filosofica. In filosofia, particolarmente, Platone parla, nella Repubblica, delle privazioni che un re-filosofo deve sopportare per conseguire la saggezza: niente matrimonio, niente amore, niente eccesso, e tutto questo per arrivare all’obiettivo (diventare un filosofo) solo all’eta’ di 50 anni. Kant e Rousseau vengono descritti come due asceti, dalla vita estremamente rutinaria e monotona, per non dire triste - almeno da un punto di vista mondano.
La filosofia del “less is more” e’ qualcosa a cui voglio credere, almeno in questo momento della mia vita: mi piacciono le cose scarne, non inzaccherate d’oro e barocco, o di sovrastrutture, ma che contengano una profondita’ vera, una ricerca interiore. Dio, come mi sento vecchio e giovane allo stesso tempo! Sono un diciassettenne col complesso di Peter Pan.

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