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giovedì 18 aprile 2013

Riflessioni #2: storia di un fumatore in venti giorni

Non avevo mai comprato un pacchetto di sigarette in vita mia, e difatti anche stavolta non l’ho fatto: ho dovuto dare i soldi ad un amico, perche’ in America fino ai diciotto e’ illegale, e lui le ha comprate per me. Iniziai a fumare per una questione di stress, e per un ragionamento logico: il tabacco e’ molto piu’ socialmente accettabile del sovrappeso e suppergiu’ toglie gli stessi anni di vita, fa cadere gli stessi capelli e crea la stessa dipendenza. Per la prima settimana ogni volta che ne fumavo una - che sarebbe a dire una volta al giorno - mi lavavo le mani, mi lavavo i denti e mi toglievo la maglietta, la scuotevo per togliere l’odore e poi la rimettevo. Pensavo alla sigaretta come ad un piacere in piu’, un decadente vezzo; ero consapevole dei rischi. Fumavo gentilmente, sul balcone, senza dare fastidio a nessuno. Dopo due settimane avevo smesso di performare le abluzioni rituali post, fumavo e tornavo alle mie occupazioni; il semplice pensare alla sigaretta durante la sigaretta era stato rimpiazzato da un bilancio della giornata in cinque minuti, da una riflessione anche profonda su certi argomenti e certe situazioni, intercalata da profondi tiri. Spesso mi capitava di osservarla, la Marlboro, e di vedere come bruciava, come non avesse nulla di attraente, come la carta bianca sfumasse verso il marrone al cominciare del mozzicone, come il filtro si ingiallisse. Ma io sono una persona terribilmente ansiosa; la sigaretta puo’ placare l’ansia per chi non e’ consapevole dei rischi, ma per uno che nasconde sotto una patina di fatalismo una tale ipocondria non esiste tale paradiso; percio’ una sera andai su Wikipedia e lessi tutta la pagina dedicata, spaventandomi a dovere. Non smisi subito, fumai come al solito, ma il pacchetto stava finendo e io non ne avrei comprato un altro, lo sapevo. Insomma, ero gia’ arrivato a quella che molti chiamano la fase in cui si vuole smettere, che vista la solitudine, e di conseguenza il tempo sufficiente per pensare, si era ristretta ad una settimana. D’altronde, non avevano funzionato come volevo: forse lo stress si era ridotto, ma non erano le sigarette cio’ che mi permetteva di seguire una dieta (come difatti non ho fatto) o di perdere peso o di impormi comunque qualcosa di ferreo; non erano riuscite nell’intento di rimpiazzare un vizio con uno peggiore, come direbbe Oscar Wilde.
Oggi, guardando le ultime due, ho fatto uno strappo alla regola, le ho fumate una dietro l’altra ed eccomi qui, sobrio e, come sempre, ansioso, perche’ adesso tocca smettere.

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